Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
228 | libro secondo |
dei muratori che regolò l’esecuzione di tutti i lavori della chiesa, diedero i Carmelitani segni di gratitudine. Egli si portò così bene, dicono le memorie del convento, che non si sarebbe potuto aspettar di più da wi religioso. Epperò gli diedero lettere di fratellanza, e partecipazion di tutti i beni spirituali fino alla quarta generazione, assicurandogli solenni gratuiti suffragi dopo morte. Questa fenice de’ mastri muratori che, finita la chiesa, non si fabbricò un palazzo, contentandosi del testimonio della buona coscienza, si chiamava Giacomo Pella. E degno d’onore, ed io gli rendo onore.
A’ 26 di maggio monsignor Francesco Arborio di Gattinara, arcivescovo di Torino, procedette a consecrar questa chiesa.
Frattanto il provinciale de’ Carmelitani, senza partecipazione de’ suoi frati, era andato al re, e lo avea pregato d’accettar la novella chiesa per chiesa reale, e di permettere che fosse dedicata al beato Amedeo di Savoia. Egli ne sperò forse qualche eroica generosità. Ma Carlo Emmanuele era buon massaio; accettò l’offerta, e promise di costrurre l’altar maggiore ed abbellir la facciata.
In quanto all’al tar maggiore, diciannove anni dopo, e così nel 1755, il cav. Claudio Beaumont cominciò il gran quadro della Madonna del Carmine e del beato Amedeo, che venne poi collocato a suo luogo il 5 marzo 1760.