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224 | libro secondo |
medesimo rispetto consigliato a fabbricare in alcun altro de’ tanti siti ancor vacui. Il Re alienerebbe volontieri ai padri il rimanente spazio di quell’isola, e forse lo donerebbe. Sopperirebbero all’ingente spesa il picciolo fondo che si aveva in cassa di L. 4500; la vendita del convento vecchio; il prezzo d’una gran quantità di piante dei boschi posseduti sulle fini di Carmagnola e di Carignano; la borsa comune della provincia. Infine confidava ne’ benefattori.2
Svolse tutte le volontà a sua posta, e prima quella del vicario provinciale P. Francesco Maria Trotta, che fu gran promotore della traslazione.3
Incontraronsi e a Torino ed a Roma non poche difficolta, ma tutte furono agevolmente superate. Mancò peraltro il concorso d’insigni benefattori; e quando il padre Trotta andò a far riverenza a Vittorio Amedeo ii, ad informarlo del disegno che s’era concepito, a supplicarlo del suo R. assenso, ed insieme di qualche carila nella vendita del sito; il re sorrise, e dopo d’essersi informato curiosamente del modo con cui pensavano di sopperire alla spesa, domandò al P. Vicario se più grato a Dio sia il far limosina o il pagar i debiti; ed avuta risposta: che il pagar i debiti; soggiunse, e perciò non posso donare il valore del sito, ma vi permetto la traslazione.
A’ 20 di luglio del 1718 i Carmelitani acquistarono il terreno, ed in quel giorno medesimo fecero incominciar gli scavi.