derogatorie. Vanità inerente all’uomo credere di
poter far cosa che duri in perpetuo, d’incatenare
colla propria volontà la volontà de’ posteri. Vanita
che ogni giorno viene contraddetta dal fatto. Finalmente,
siccome quel privilegio doveva interinarsi
dal Senato, comandava il duca che non dovesse
aspettarsi altra dichiarazione della sua volontà, e
che quelle patenti servissero di prima, seconda,
terza e perentoria giussione. Era il caso di dire col
Fabro, che siffatte clausole, quanto più precise ed
insolite, tanto son più sospette; che quella volontà
che con artifìziose parole si studia di far comparire
ben consapevole di ciò che fa, dà invece indizio
d’essere aggirata e tratta in errore; che in
tal caso è dovere del magistrato d’esaminare con
maggior diligenza il provvedimento, e di far le debite
rimostranze se non s’accorda colla giustizia
o col ben dello Stato. Il Senato allora interinò il
privilegio; ma nel 1645 essendosi supplicata Madama
Reale Cristina della confermazione del medesimo,
quella principessa aggiunse alle antiche
eccezioni i reati di falsa moneta, i colpevoli di
misfatti non graziabili, i condannati in pena pecuniaria,
e tutti quelli che già fosser caduti nelle
forze della giustizia; ed il Senato eccettuò ancora
i rei di ribellione alla giustizia, e restrinse l’esercizio
del dritto di nomina ai banditi della città e
del territorio di Torino.