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188 libro secondo


La tavola dell’altar maggiore è di Bartolomeo Caravoglia, Piemontese, scuoiare del Guerrino, debole coloritore, ma buonissimo disegnatore ed assai riputato fra i dipintori del seicento. Nella sagrestia sono da vedersi due quadri di Domenico Oliviero, Torinese, ne’ quali miransi espressi in piccole figure i successi del miracolo. E nolo quanto vaglia questo pittore, il quale fattosi a studiare i quadri fiamminghi de’ quali sopra ogni altra è ricca questa Reale Galleria, si appressò mirabilmente ai migliori e li superò per la bellezza e facilita del comporre i suoi gruppi, agguagliandoli forse nel forte colorire e nel tocco risentito e franco, ma non nella lucentezza e nella fusion decolori.

Domenico Oliviero nacque a Torino nel 1679, ed ebbe per maestro un Bianchi architetto e pittore, il quale si dilettava di quel genere di pitture che si chiamano volgarmente bambocciate. Oliviero si pose ad imitarlo, ma ben presto lo superò; ed i quadri che dipinse rappresentanti feste rusticane, fiere, mercati, ciarlatani, scene della vita campestre, ogni maniera insomma di ragunate di popolo, levarono in fama il nome dell’autore. Onde Vittorio Amedeo ii, il quale molto piacevasi d’ogni sorta di bravura, lo chiamò a se, gli fe’ buon viso e gli die commissioni.

Carlo Emmanuele iii lo trattò con non minore bontà: questo principe molto si dilettava di sentirlo a parlar di pittura e d’intender da lui, come in ogni