Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
186 | libro secondo |
Raccontano adunque le antiche memorie che nel 1453 essendosi dato il sacco alla terra d’Exilles nella valle d’Oulx, che allora apparteneva al Delfìnato, si trovò un soldato così sacrilego, che entralo in chiesa, die’ di mano al ciborio che racchiudeva l’ostia consecrata, e affardellatolo con altre robe in una valigia, quella pose sur un mulo e si mise in viaggio per alla volta della Lombardia. Pervenuto a Torino il ladro col mulo, e giunto allato alla chiesa di San Silvestro, la bestia incespicò e cadde; e per quanto fosse tirata e picchiata, non potè rialzarsi. Rottasi frattanto la valigia, apparve il sacro vaso coll’ostia, la quale subitamente si levò in alto, cinta di bei fulgori, e tanto vi rimase che il vescovo Ludovico di Romagnano venne processionalmente col clero, e la ricevette nell’aureo calice che umilmente le protendeva.
Di questo fatto con tutte le circostanze narrate non risulta, ch’io sappia, da documenti contemporanei che forse esistevano ai tempi del Pingone. Ma che un miracolo seguisse in occasione che fu rinvenuta l’ostia sacrosanta, lo dichiara un documento del 1454 conservato nell’archivio della metropolitana, in cui si dice che Tommaso Solero di Rivarolo donò ai Canonici un grosso cero perchè ardesse innanzi all’ostia miracolosamente trovata;1 e che essendo travagliato dalla podagra, dopo d’aver udito la messa a