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capo terzo 183

braccio un mortai fendente sul capo d’un Turco, il quale, caduto a terra, tenta rialzarsi, appoggiando la destra al suolo, e colla sinistra cerca, ma invano, di ripararsi dal fato che gli sovrasta. Appiè dell’eroe giace un altro Turco, vittima della tremenda sua spada; e come nel primo si vede espresso mirabilmente il sentimento di giovin guerriero che, vedendosi venir addosso la morte, non si smarrisce, non la teme, ma teme l’onta della sconfitta, nè s’arrende, ma fa l’estremo di sua possa e resiste; così nel secondo, il capo spinto all’indietro, i muscoli del volto irrigiditi, gli occhi chiusi, la bocca semiaperta, il petto rialzato, le membra abbandonate lo dimostrano già interamente fatto preda di morte. Tutte le teste sono antiche, son greche, e se Pelagio Palagi ha consentito a vestir di maglia i suoi guerrieri, la maglia non ne occulta, ma ne adombra le perfettissime forme; ed anche gli scudi e gli elmi ritraggono dei tipi greci, sebbene l’esimio scultore, devoto alla verità storica, abbia sulle armature musulmane innestato varie sentenze del Korano. Non v’ha poi parola di laude che superar possa il magistero con cui questo gruppo è composto; talchè si può dire che la principale difficoltà di tali monumenti, che è appunto la sapiente ed armonica distribuzione delle diverse figure, è stata con singolare felicita superata. Questo classico lavoro è eminentemente degno d’una capitale, e d’una capitale italiana.