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86 | libro primo |
la stessa Roma. Il papa, non potendo da sè solo regger quell’impeto, si rivolse a Carlomagno, figliuolo di Pipino, che, avendo usurpato ai figliuoli di Carlomanno suo fratello il loro Stato e prosperamente combattuto in più battaglie, era salito ben alto in potere ed in fama, signoreggiando egli solo la monarchia de’ Franchi ampliata per recenti conquiste.
Carlomagno avea sposata e, dopo qualche tempo, ripudiata una figliuola del re Desiderio. Desiderio avea dal suo canto dato ricetto nella sua corte ai nipoti di Carlomagno ch’egli avea privati della paterna successione. Eranvi dunque dai due lati cagioni d’odio, ma più da quello del re franco, perchè maggior torto avea fatto all’avversario che non n’avea ricevuto. Comunque sia, non per questo la condotta di Carlomagno fu precipitosa ed avventata, come in tali casi esser suole. Prima esortò co’ suoi messaggi Desiderio a rendere le città tolte al pontefice, ch’egli da molti anni, patrizio del popolo romano, era obbligato a difendere. Poi proferse denari per indurlo a rendere. Da ultimo tentò la sorte dell’armi. Desiderio non si lasciò cogliere sprovveduto. Chiuse con alte mura la bocca di Val di Susa tra il monte Caprasio e il Pircheriano (ov’è la sagra di S. Michele) dove finiva allora il regno de’ Franchi, e là attese il nemico. Ma v’ebbe chi insegnò a Carlomagno una via tra l’Alpi, per cui senza cimentarsi a quel passo scese nella pianura e pigliò alle spalle l’esercito di