aveano alcuni papi rivolto l’animo al re de’ Franchi, onde ottenerne difesa. Ma nel 753, essendosi il re Astolfo impadronito finalmente di Ravenna, donde Eutichio, ultimo degli esarchi, era fuggito, e scorgendo papa Stefano ii, come l’ambizioso longobardo intendesse a spingere innanzi le conquiste e a soggiogare la città di Roma, senza lasciarsi piegare nè dalle preghiere nè dai doni ch’egli andava inutilmente moltiplicando, certificatosi prima delle buone disposizioni dei Franchi, si recò egli medesimo presso a Pipino che, dopo d’aver lungamente esercitata di fatto la potenza regia in nome dei re poltroni, erasi poco prima incoronato re de’ Franchi. Pipino fece lieta accoglienza al papa, e dopo d’aver inutilmente ammonito il re Astolfo di restituir l’esarcato e di cessare dall’armi, scese in Italia, assediò Astolfo in Pavia e lo costrinse a condiscendere ai desideri! del papa; ciò nel 754. Ma Astolfo non era grande osservatore della data fede. Invece di rendere le terre occupate, appena si dilungarono le armi del re Pipino, ei rivolse le sue contro Roma nel 755. Tornò rapidamente l’esercito francese e, stretta di nuovo Pavia, Astolfo chiedette ancora la pace, e non promise di rendere, ma rendette l’esarcato ed inoltre la città di Comacchio a Pipino. Questo principe ne fece col mezzo di Fulrado, abbate di S. Dionigi, ampia donazione al romano pontefice, il quale ottenne con ciò la temporale giurisdizione di Ravenna, Rimini, Pesaro,