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capo ottavo 75

poco godette Alboino de’suoi trionfi. Dopo il sozzo convito di Verona, nel quale egli ubbriaco avea bestialmente costretta la propria moglie Rosmunda a bere nel teschio di suo padre convertito in coppa, fu per opera di lei tolto di vita. Clefi, che gli fu surrogato, incrudelì contro ai cittadini più potenti delle province occupate, molti ne spense, molti ne mandò in esilio. Ucciso dopo 18 mesi di regno, ri­mase la nazione dieci anni senza capo; e i suoi trentasei duchi governarono ciascuno con potere as­soluto, finché nel 584 fu rifatto re Autari, figliuolo di Clefi, che pigliò il prenome di Flavio. Ma già prima dell’interregno i duchi aveano dilatato le con­quiste. Gli uni erano penetrati in Puglia e nella Campania, gli altri nel regno di Borgogna (571) sac­cheggiando la Provenza, il Delfinato, la Savoia, l’Elvezia; una prima volta con prosperi successi avendo tagliato a pezzi l’esercito di Amato, patrizio, che comandava le armi del re Gontranno; la seconda con infelice esito, essendo stati rotti con grandissima strage dall’altro patrizio Ennio Mummulo nel 571, ed un’altra volta nel 572. Una quarta volta si la­sciarono trarre dal desiderio di predare altri duchi longobardi nel Delfinato e nella Provenza, e fu nel 576. Chiamavansi essi duchi Amone, Zabano e Rodano; Zabano era duca di Pavia; uno degli altri due eralo verosimilmente di Torino. Divisi mal accortamente in tre corpi, furono da Mummulo