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capo ottavo 73

romana; perocché cittadini romani fin dai tempi di Marc’Aurelio e di Caracalla erano Norici e Pannonii. Giunse quell’allagamento di barbari senza contrasto nel Friuli, ove Alboino deputò il primo duca, poi quietamente, senza impedimento d’armi nemiche, andò occupando la Venezia e l’insubria e la Liguria montana e la piana e le altre vicine provincie; e se qualche città meglio guernita di truppe greche non gli avesse chiuso le porte, Alboino non avrebbe avuto occasione d’assaggiar l’armi sue, se non nelle ucci­sioni che accompagnavano le rapine cui s’abbando­navano i Longobardi, spogliando le chiese, uccidendo i sacerdoti.2 Non aveano i Longobardi lume di let­tere, nè ebbero mai lingua scritta. Una parte di quella nazione durava ancora nelle superstizioni pagane, il resto era ariano. Non aveano leggi, ma solo con­suetudini tutte adattate alla forma militare d’ogni loro instituzione. Il re era un generalissimo. La sua autorità, più forte durante la guerra, era molto in­certa negli altri tempi, combattuta com’era dalla potestà degli altri capi, quasi del pari assoluta nei distretti assegnati alle fare o tribù che comandavano.

Le sei tribù che Alboino condusse come ausiliarie in Italia furono poi incorporate fra i Longobardi. I Sassoni, che volevano conservare la loro legge e la loro nazionalità, tornarono alle loro sedi germaniche. Gli Italiani caddero poi nel più laido de’ servaggi, poiché furono divisi tra i Longobardi, a ciascuno