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62 | libro primo |
privata, e dalle ingiurie vennero ai colpi. Aspra battaglia he seguiva se le due coorti pretorie che vi stanziavano, minacciando i fiatavi, e mettendo loro paura, non li costringevano a posar l’arme. Poco stante tutte quelle genti levarono il campo, e partirono. Ma in sul partire lasciarono tanti fuochi accesi, che s’appiccò la fiamma alle case, ed una parte della città andò in cenere. E Tacito che racconta il fatto non accenna, come si potrebbe supporre, che fosse quell’incendio un ricordo lasciatoci dai Batavi, ma si contenta di notare che quel danno, come per lo più i danni guerreschi, passò inosservato in mezzo al maggior scempio d’altre città.1
Morto nel 312 l’imperatore Costanzo Cloro in Inghilterra, i soldati che eran con lui gli diedero per successore Costantino, poi chiamato il Grande, mentre i pretoriani a Roma sollevarono al soglio Massenzio. Non volendo questi Costantino neppur per collega nell’imperio, lo provò nemico. Nel 312 dalle sponde del Reno Costantino si tragittò velocemente alle sponde della Dora, dove lo aspettava il primo esercito nemico. Paurosa cosa era a vedersi, dice il panegirista Nazario, quella sterminata moltitudine, tutta vestita da capo a piedi di ferro, non l’uomo solo ma il cavallo, sicché alle punte ed al taglio mostravasi inaccessibile. Ma invece questi catafratti, ne’ quali era il maggior nerbo della pugna, furono tutti da Costantino uccisi, sicché non ne