Pagina:Storia di torino v1 cibrario 1846.djvu/70

62 libro primo

ai servi ed ai liberti anche le arti ed i magisteri di cui dovrebbero onorarsi i più grandi cittadini; l’usurpazione dei pubblici poteri, che prima per conservar la libertà eran divisi tra molti temporanei magistrati, e che un uomo solo trasferì nella propria persona, facendosi scala del popolo che in tutti i tempi uguale a se stesso grida libertà, e porta sulle spalle i tiranni; quest’uomo solo, talora virtuoso e di gran cuore, ma più spesso dappoco, lascivo, falso, crudele e talora bestialmente scellerato ed obbrobrio­samente ridicolo, eletto dai soldati, costretto per evitare non la perdita sola dell’impero, ma le scale gemonie a sviscerare il popolo per satollare l’avidità soldatesca. Il tesoro esausto, e per la negletta agri­coltura niun modo di ristorarlo. E quindi, dopo il secolo ii, massimamente, rapacità fiscale, aspre pene a chi non coltivasse o coltivasse male: agricoltori fatti servi del campo che coltivavano, essi e la loro po­sterità in perpetuo; decurioni considerati come obbli­gati in proprio pe’ debitori del fisco fuggitivi od im­potenti; e quindi l’onore convertito in onere, anzi in ruina; e a quell’onore preferita la milizia, preferita la servitù, senza poterle ottenere; e non per questo meglio coltivati; anzi appunto per questo sempre più incolti e squallidi i campi; i mestieri anch’essi trascurati e perciò nel medesimo assurdo sistema divenuti forzatamente ereditarli; e quindi ergastoli e galere. Mancando gli armati a difendere sì estesi