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486 | libro sesto |
nel castello di Rivoli, rinunziava lo scettro al figliuolo.
Alla contessa di S. Sebastiano, divenuta marchesa di Spigno; non piaceva la vita privata. Sposa d’un re, avrebbe voluto goderne gli onori. Padrona della mente e del cuore di lui, è ricchissima di scaltrimenti, non tardò a fargli increscere là seguita abdicazione, a persuaderlo di rivocarla. E noto come Vittorio Amedeo si lasciasse persuadére, che i ministri del novello sovrano, tutti sue creature, tutti usi ad obbedire ad un menomo suo cenno, s’accorderebbero a considerare come non avvenuta la spontanea sua abdicazione, a far discendere Carlo Emmanuele in dal trono in cui la volontà del padre avealo collocato.
La sera del 3 di settembre 1731 Vittorio tentò a questo proposito la fede del marchese del Borgo, che avea trattenuto a cena nel castello di Moncalieri, dov’egli allora abitava; e non trovandolo, come sperava, arrendevole, lo lasciò partire; e poco dopo, non essendo molto lontana la mezzanotte, risolutosi ad uno di que’ passi arrischiati in cui s’era sempre piaciuta l’indole sua avventurosa, salito a cavallo, si presentò alla porta della cittadella di Torino, e, domandato il barone di St-Remì, che n’era governatore, gli disse che voleva entrare, onde confidargli un gran segreto. St-Remì rispose d’esser pronto a ricevere i suoi ordini, ma di non poterlo, senza un