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capo quinto | 479 |
alla città, e furono sul punto d’alloggiarsi sulla breccia che aveano aperta; ma il valore degli assediati, ed una mina che scoppiò sotto ai loro piedi, li costrinse a indietreggiare.
Nella notte, dal 3 al 4 settembre, videsi sul monte di Superga un fuoco. Era un segno, che davano da quel luogo alla travagliata città Vittorio Amedeo, ed il suo valoroso cugino, il principe Eugenio, d’imminente soccorso.
La sera dello stesso giorno, tra le nove e le dieci, tentarono nuovo assalto i Francesi. Una novella mina scoppiò, e mise loro tanta paura, che non vi fu più verso di ricondurli all’assalto verso le breccie aperte e praticabili.
Intanto l’esercito dei due principi era venuto da Villastellone a Beinasco, e poi a Pianezza.
Il 7, vigilia della Natività di Maria, scende nella pianura della Madonna di Campagna, ed assale le linee nemiche. Una vittoria compiuta segnalatissima corona le armi nostre; il duca d’Orleans fugge, il maresciallo di Marsin è mortalmente ferito, sicché mancò il giorno dopo.
Dopo il mezzogiorno, la città liberata, s’apre a ricevere più di seimila prigionieri, e le spoglie opime del campo nemico. Torino, che i Francesi erano risoluti di spianare, trionfa. Vittorio Amedeo ed il principe Eugenio entrano per porta Palazzo a cavallo, e vanno alla cattedrale, dove il duca, incontrato