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capo quinto | 477 |
delle artiglierie nemiche, trovavano altre sedi nella città nuova. Il senato nel palazzo Carignano. La camera erasi trasferita a Cherasco.
Non ridirò i progressi dell’assedio, le scene lagrimose e forti, con cui si segnalò l’assalto, e la difesa. Sul principio d’agosto cominciavano a scarseggiare i viveri e la polvere.
Il consiglio di città provvide, il meglio che seppe, a prevenir la fame. L’undici di quel mese si cominciò a fabbricar polvere, con ordigni di nuova invenzione, nella cavallerizza dietro la Zecca.
Verso il finir del mese, gli assedianti sempre più s’accostavano alla piazza, quando cominciò a balenare speranza di vicini soccorsi. Il principe Eugenio s’avanzava a gran giornate. E sebbene fosse disceso dall’Alpi con nuove genti il duca d’Orleans a sollecitar la resa di Torino, e a tener fronte all’esercito che s’apprestava a soccorrerla, tuttavia gli animi s’aprivano a letizia, e vieppiù s’induravano alla difesa della patria, rinfrancati, com’erano, dalla protezione celeste, continuamente invocata dal bravo Daun, dai soldati, dal popolo.
Tutti que’ valorosi, dopo d’aver orato alla Consolata, a S. Sudario, a S. Filippo, o innanzi all’altare che il beato Valfrè aveva alzato per le truppe in piazza S. Carlo, s’alzavano più valorosi e più sereni; tranquillamente apparecchiati a dar la vita per salvare la patria.