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462 libro sesto

La reggente tornò allora a Torino; ma essendo la città in man de’ Francesi, la sua podestà ebbe maggiori limiti che per l’addietro. Governava il ge­nerale Duplessis Praslin, il quale dava alla duchessa quelle apparenti dimostrazioni d’onore, che non si potean negare alla sorella del re, ma in realtà ese­guiva non altro che gli ordini del Richelieu. Praslin invitò una sera a cena con molti altri generali fran­cesi e piemontesi il conte Filippo d’Agliè, e all’uscir di tavola il fe’ pigliare e condurre al castello di Vincennes. Quest’illustre vittima della violenza e dell’odio di Richelieu, rimase in carcere fin dopo la morte di quel ministro.

Non è qui luogo di narrare gli altri successi della guerra. Basti il dire che, al vedere su quasi tutte le fortezze del Piemonte sventolare il vessillo spagnuolo od il francese, scoppiava il cuore de’ buoni Piemon­tesi; che altamente ne doleva a Madama, stanca de’ soprusi, delle violenze, delle calunnie con cui era oppressa dai Francesi; ai principi, i quali non s’erano mai fidali degli Spagnuoli, ne aveano spe­rimentata la corta fede, avean preso l’armi, non per fare al Piemonte mutar dipendenza, ma per toglierla, se si poteva, od almeno per diminuirla. Le pratiche d’accordo già molte volte intavolate furono dunque riprese, e felicemente conchiuse il 9 giu­gno 1642. I principi parteciperebbero alla tutela come assistenti. I loro fautori non sarebbero inquie­tati. Il principe Maurizio darebbe la mano di sposo