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capo quarto 39

abeti, lunga striscia di cadaveri d’uomini e d’elefanti, ma s’inoltra lentamente, ostinatamente, ma giunge alla cima, ma già scende in Italia. Annibale arrivò ne’ campi Taurini il 15 di novembre colla metà ap­ pena dell’esercito.2 Protestando sempre ch’ei la voleva con Roma sola e non co’ popoli soggetti o socii, ricercò nuovamente d’amicizia i Taurini. Ri­ buttato, deliberò d’espugnarne la capitale. Gli storici chiamano la città de’ Taurini fortissima (validissimam) e soggiungono che per fortuna d’Annibale i Taurini erano impegnati in una guerra cogli Insubri,3 il che prova che aveano o confederate o soggette le genti intermedie de’ Salassi e de’ Libici, e ad ogni modo dinota un popolo numeroso e potente. Annibale espugnò in capo di tre giorni d’assedio la città dei Taurini, uccise barbaramente i prigioni4 e pro­cedendo più innanzi e crescendo l’esercito colle schiere de’ Galli che gli erano amici, e più tardi con quelle anche de’ Liguri sconfìsse i Romani al Ticino e alla Trebbia. L’anno seguente tagliò a pezzi l’e­sercito di Flaminio al Trasimeno e ne uccise il con­ dottiero; poi, attraversando l’Umbria ed il Piceno, entrò nella Campania. Nel 217, il 5 di settembre, fu la battaglia di Canne, in cui perirono il console Emilio ed il proconsole Servilio col fior de’ Romani. Roma, atterrita, nominò un dittatore, ed è noto il sistema con cui Fabio Massimo, evitando la battaglia, contentandosi di rinchiudere, di molestare, d’affamar