abeti, lunga striscia di cadaveri d’uomini e d’elefanti, ma s’inoltra lentamente, ostinatamente, ma giunge alla cima, ma già scende in Italia. Annibale arrivò ne’ campi Taurini il 15 di novembre colla metà ap pena dell’esercito.2 Protestando sempre ch’ei la voleva con Roma sola e non co’ popoli soggetti o socii, ricercò nuovamente d’amicizia i Taurini. Ri buttato, deliberò d’espugnarne la capitale. Gli storici chiamano la città de’ Taurini fortissima (validissimam) e soggiungono che per fortuna d’Annibale i Taurini erano impegnati in una guerra cogli Insubri,3 il che prova che aveano o confederate o soggette le genti intermedie de’ Salassi e de’ Libici, e ad ogni modo dinota un popolo numeroso e potente. Annibale espugnò in capo di tre giorni d’assedio la città dei Taurini, uccise barbaramente i prigioni4 e procedendo più innanzi e crescendo l’esercito colle schiere de’ Galli che gli erano amici, e più tardi con quelle anche de’ Liguri sconfìsse i Romani al Ticino e alla Trebbia. L’anno seguente tagliò a pezzi l’esercito di Flaminio al Trasimeno e ne uccise il con dottiero; poi, attraversando l’Umbria ed il Piceno, entrò nella Campania. Nel 217, il 5 di settembre, fu la battaglia di Canne, in cui perirono il console Emilio ed il proconsole Servilio col fior de’ Romani. Roma, atterrita, nominò un dittatore, ed è noto il sistema con cui Fabio Massimo, evitando la battaglia, contentandosi di rinchiudere, di molestare, d’affamar