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460 | libro sesto |
e di abbandonar lo Stato ai cognati, fin d’allora era tratto prigione. Nondimeno essa fu costretta a dar nelle mani de’ Francesi Carmagnola, Savigliano e Cherasco: il che fu sì amaro ai popoli, che città e terre andavano a gara a gridar il nome de’ principi come de’ loro liberatori.
La notte del 27 d’agosto 1639, il principe Tommaso e Leganez giungono con rapida marcia improvvisi alle mura di Torino, v’entrano per iscalata, e danno appena alla reggente il tempo di ritirarsi in cittadella, forzando le barricate con cui i principisti aveano già serrate le strade. In que’ giorni medesimi il principe Maurizio comparso à Nizza, n’aveya ottenuto, senza niuna difficoltà, la sommessione.1
Richelieu, della miseria estrema della duchessa volle trar partito per aver lei e lo Stato a discrezione. Fece venire il re a Grenoble, e invitò Cristina e il figliuolo ad andarlo a trovare. In quel pericoloso frangente risplendette l’accorgimento e il gran cuore della duchessa. Vide il laccio, e provvide ad evitarlo. Lasciò il figliuolo a Mommeliano e lo commise alla fede del marchese di S. Germano, dicendogli che gli lasciava il pegno più prezioso e più caro: non lasciasse uscir il duca dalla fortezza, non ammettesse stranieri, non consegnasse quella fortezza a nissuno. Non attendesse a qualunque ordine contrario, ancorché segnato da lei, e giudicasse tali ordini essere stati estorti per violenza.