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458 | libro sesto |
governator di Milano, tanto in nome proprio che del principe Tommaso suo fratello, che occupato nella guerra di Fiandra, e stato lungo tempo in qualche emulazione col suo fratello maggiore, orasi prima d’allora contentato di protestare per riverenti e prudentissime lettere contra l’ingiusto esiglio, e contro la piega che pigliavano, in balia della preponderanza francese, i pubblici affari.
Intanto il popolo sentivasi profondamente umiliato degli oltraggi di cui era di continuo abbeverata la duchessa, di quelli che pativano i due principi cognati, nella crescente insolenza francese. Gli animi s’aprivano al desiderio di qualche novità soccorrevole, che rinfrancasse la vacillante monarchia, e molti credevano che nel ritorno de’ principi fosse posta l’àncora di salvamento. Il Monod partì segretamente per andar a raggiungere il principe cardinale. Ma inseguito e preso fu condotto nella fortezza di Mommeliano. La duchessa pensò di quella carcerazione farsi merito col Richelieu: ma questi non era uomo da pigliare a gabbo. Egli chiedette in contanente gli fosse dato nelle mani il suo nemico, e rifiutandolo nobilmente la duchessa, crebbe in maggior odio contro di lei, e aumentò gli strapazzi, e negò i soccorsi promessi nella lega, a ciò stimolato dall’Emerì, che Cristina, non potendolo più comportare, avea fatto rivocare dall’ambasciata.
I principi s’apparecchiavano pertanto ad entrar