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libro sesto, capo terzo | 453 |
di vita, lasciando due fanciullini, Francesco Giacinto quinquenne, Carlo Emmanuele di soli tre anni, ambedue di gracilissima salute; e due fratelli Maurizio, cardinale, non vincolato per altro ad ordini sacri, e Francesco Tommaso, principe di Carignano. Con essi era da qualche tempo il duca in palese rottura tenendone sequestrati gli appannaggi, dopoché Maurizio, abbandonato l’ufficio di protettore del regno di Francia, aveva accettato quello di protettore dell’impero, e Tommaso, acconciatosi in Fiandra ai servigi di Spagna, andava sempre più crescendo a gran danno di Francia quella fama d’invitto capitano, che per molte nobili fazioni di guerra erasi già procacciata.
All’ombra del nome di Ludovico xiii regnava in Francia Armando, cardinale di Richelieu, con impero, come sempre accade quando il servo diventa padrone, assai più assoluto e rigoroso che quello del legittimo principe. Ed avendo vasti concetti e gran cupidigia d’impero, volontà risolute, ostinate, e niun riguardo ai mezzi, purché conseguisse l’intento, conoscendo benissimo gli umori della sua nazione, e sapendo che tanto tempo si piegherebbe al suo giogo, quanto ei durerebbe a pascerla di glorie e di conquiste, giudicò la morte del duca di Savoia esser propizia occasione d’assicurare sopra questo Stato la preponderanza francese, e di condurlo forse per gradi a diventar col tempo una provincia francese.