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capo primo 437

secondo la tassa che ne facevano i deputati del comune.

I forieri usavano segnare gli alloggi che loro pia­cevano, e lasciavano poi all’arbitrio, sovente poco discreto, del gentiluomo, di ritenersi quella porzione della casa che meglio piacevagli; Emmanuele Fili­berto cessò questo intollerabile aggravio, causa di gravi disordini, perchè in molti casi non rimaneva al padrone sito in cui ritrarsi, e volle che non si segnasse l’alloggio, senza l’intervento d’un deputato della città, protestando il duca d’aver sempre desi­derato e desiderare che li abitanti di questa sua fidelissima città sieno rilevati da ogni fastidio et danno.

Con nuove supplicazioni e con lagrimose querele, non molti giorni dopo, volgevasi al duca la città di Torino, dimostrando esser aggravata di debiti infi­niti, aver mestiere di poter crescere le gabelle, onde pagare, come desiderava, al duca cinquemila scudi d’oro del sole, annuali, per anni sette, siccome faceva il resto del paese. Chiedeva la confermazione de’ pri­vilegi, statuti, libertà, immunità, che godeva ab antico: si restituisse a Torino l’università; vi si sta­bilisse la camera ducale. Emmanuele Filiberto, con rescritto del 18 maggio, provvide su queste domande, e, per la massima parte, favorevolmente, concedendo confermazione de’ privilegi, mandando spedir lettere patenti che stabilissero il magistrato della camera ducale a Torino, promettendo che fra tre mesi il