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capo nono | 425 |
Monsignore, avea col sire di Belgioco; e, trattandosi di cosa affatto contraria ai privilegi ed agli usi della città, di spedir cioè le milizie cittadine non solo al di là dai monti, ma fin sulle rive dell’Eno, il comune se n’era scusato. Finalmente in marzo del 1380 avea dato venti clienti.
Rinnovò la richiesta quel gran principe e capitano, per sue lettere del 6 d’aprile dell’anno medesimo, protestando: di non domandar quell’aiuto per bisogno che ne avesse, ma sì per desio d’onore, poiché avrebbe voluto che quella nobile ed onorata milizia, che da rimote parti converrebbe per servire ad Amedeo Monsignore ed a lui, potesse vederlo da’ suoi sudditi e fedeli onorevolmente accompagnato.
Ad una richiesta fatta con tanta grazia, rispose il comune come sempre rispondono i popoli, quando il principe avveduto ne va sollevando gli affetti più generosi, e diè facoltà ad alcuni savi di spendere quanto occorreva per farsi onore.
Ott’anni dopo il principe d’Acaia era in guerra con Gian Galeazzo Visconti. Buccinavasi in gennaio del 1388 che vi fossero pratiche d’accordo. Il comune di Torino gli mandò a dire: Faccia la pace, se può farla con onore; se non può, si provvederà per la difesa e per l’onor suo contra la superbia del Visconti; essendo la stessa comunità apparecchiata a sostenere e difendere i vantaggi e l’onore
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