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420 libro quinto


Era il sussidio un dono straordinario che il paese faceva al principe per caso di guerra o d’altra spesa straordinaria, come per venuta dell’imperatore, pel matrimonio della figliuola, per la festa del cavalie­rato, per l’acquisto di novello Stato. Chiedevasi e consentivasi colla clausula di grazia speciale, perchè non era di stretto obbligo, ma bensì d’antica e cortese consuetudine. Il principe lo domandava o in somma capitale determinata, o a tanti fiorini per fuoco, sopportando il ricco la parte del povero (juvante divite pauperem). Prima cura della città era di riconoscere qual somma concedevano gli altri comuni coi quali credea di potersi paragonare. Poi s’ingegnava con buone parole e molta industria di dare il men che poteva.

A’ 16 di giugno del 1376 il conte Verde era a Torino, e chiedeva di grazia speciale tre fiorini per fuoco. Parve grave al comune, onde nominò otto deputati colla facoltà di convenire col consiglio del signor conte la concessione d’un sussidio più adat­tato alla sua possibilità.

Ai ventitré dello stesso mese i deputati riferi­vano ai savi del consiglio maggiore di non aver po­tuto ottener grazia d’un obolo (nullam graciam minus trium florenorum pro quolibet foco invenire potuisse). Onde, sebbene a malincuore, pur dovette il co­mune disporsi a concederlo. E però si vede quanto vana fosse la formola adoperata nel chiedere e nel