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capo settimo | 401 |
Mosso da tali esempi, e dalle domande di alcuni lettori dello studio di Pavia che volevano mutar cielo, affaticati com’erano dalle incessanti guerre lombarde, Ludovico, principe d’Acaia, fondò nel 1404 uno studio generale, ossia una università a Torino. In settembre di detto anno comunicò il suo pensiero al comune; e lo esortò ad incaricarsi del salario dei due dottori di leggi, Giorgio de’ Gili e Bartolomeo Bertone, ed era di 260 scudi d’oro fra i due; promettendo di quitar il comune da tutti i sussidii, salvo da quello concesso per la dote di Margarita. Nel 1406 già v’insegnava il celebre giurisconsulto Baldo di Firenze.3 Ma poco stante la nuova guerra insorta fra Acaia e Monferrato, soffocava quella nascente istituzione, die ripigliò vigore alla pace del 1411, nel qual anno venivano chiamati alla lettura di leggi civili e canoniche nello studio torinese, Cristoforo Castiglioni, Bertolino Duina, Pier Besozzi, Signorolo Omodei, tutti chiarissimi nomi, preclaro ornamento d’ogni più famosa università.
Allora cominciarono, secondo una bella frase di Amadeo viii, parlando appunto dell’alma sua figliuola, l’università di Torino, allora cominciarono ad illuminarsi le menti ottuse, a cingersi le chiome de’ Piemontesi di corona d’alloro. Questa corona erano prima obbligati a cercarla, e la cercavan di fatto negli studi di Pavia, di Padova, di Bologna, d’Orleans è di Parigi.