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384 libro quinto


Per buona sorte, in tempo di carestia, non falliva alla pubblica miseria la pastorale sollecitudine del vescovo e del comune. Nel 1375, Giovanni di Ri­valla, col consenso del capitolo e delle confraternite, ordinò una limosina quotidiana di pane e di vino a ciaccun povero. Il consiglio diè un aiuto di dugento fiorini, e statuì che i priori ed i massai delle con­fraternite e della elemosina di Sta Brigida, e le altre persone obbligate a soccorrere i poveri, fos­sero dal vicario e dal giudice costrette a concorrere in detta elemosina con tutte le loro rendite, depu­ tando Brunetto della Rovere e Filippono Clerico a pre­siedere in nome del comune a detta limosina per quindici giorni, dopo i quali sarebbero surrogati da altri savi del consiglio; e così sempre. Ciò nel mese di gennaio. Continuando il caro in aprile e maggio, il vescovo diè 200 stai di segala, e altrettanti ne diè il comune, ed insieme altri 300 fiorini: ed inoltre il vescovo abbandonò per quest’uso i legati ad pias causas dovuti fino a quel dì, ed i crediti delle con­fraternite. Ancora il vescovo promise di cedere al prezzo di costo tutto il grano che avrebbe potuto cavare dalle valli d’Oulx.

Nel 1385, il comune ricorreva di bel nuovo a Gio­vanni di Rivalla, richiamandosi degli amministratori degli spedali, che li saccheggiavano e distruggevano. Quattr’anni dopo si pregava lo stesso vescovo di con­ferire l’amministrazione dello spedale di Sta Maria