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capo quinto 383

levante di Torino, già de’ Tempieri), di Sta Maria di Pozzo di Strada (de’ Vallombrosani), di S. Solutor mag­giore (de’ Benedittini), di Sant’Andrea (presso la porta Pusterla de’ Benedittini). Infine uno spedale era stato costrutto presso la porta Fibellona nel 1314 da Pietro Prando, piovano di Scalenghe e canonico del duomo torinese, co’ beni che gli avea legati per tal fine Guglielmo Ainardi, cittadino di Torino, e fu lo spe­dale che si chiamò di S. Giovanni, e più tardi di Sta Catterina: nel secolo xv era stabilito in una casa posta avanti al duomo. Ma ciascuno di questi spedali componevasi d’una o di poche camere con pochi letti e con piccola dote, logorata ancora dalla rapacità degli amministratori, dimodoché i poveri, gli infermi, i pellegrini vi trovavano scarso ricovero, e minore assistenza. Eravi ancora tra la Dora e la Stura una casa, denominata di S. Lazzaro, pe’ leprosi, ma non era meglio governata. Di questi mali travagliavasi grandemente il comune; epperò sul finire di settembre del 1378, pregava il vescovo Giovanni di Rivalta, che per amor di Dio, e per un riguardo di carità, procacciasse che gli spedali fossero gover­nati da persone che ne procurassero il vantaggio, e ne riscotessero ed amministrassero le entrale, per modo che i poveri di Cristo ed i romei vi trovassero il miglior possibile ricetto; proferendo il vicario, il giudice, il consiglio l’opera loro al vescovo per questa bisogna.