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372 libro quinto

divino e l’onore de’ santi, e massime quelli di Maria Consolatrice, del precursore Battista, sovrano pro­tettore della città, di S. Secondo, di S. Solutore e de’ suoi compagni martiri, altri veneratissimi pro­tettori, di S. Teodorico, custode de’ beni territoriali, di S. Sebastiano, e più tardi di S. Rocco, che difendeano contra la pestilenza.

Infine, quando cominciò dai Luterani e dai mul­tiformi loro seguaci a porsi in trono il dubbio, a sostituirsi l’arbitrio individuale all’autorità, a porsi per base d’un sistema la negazione, la città di To­rino si dimostrò sempre caldissima ad impedire che allignasse fra noi la pianta dell’errore.

Della cattedrale di S. Giovanni, famosa fin dai tempi Longobardi, non occorre parlare. La festa del santo si celebrava con una processione, a cui mandavano un grosso torchio le dame e i donzelli, i notai, i mercanti, i sarti, i beccai, i tavernieri, la compagnia degli scuolari, quella degli asini; coloro che si faceano sposi in tempo prossimo alla festa del santo; gli uomini di Grugliasco, ed in breve ciascuna delle arti cittadine o campestri; e questi torchi si conservavano poi nel duomo, innanzi all’altare del santo. Un gran fuoco accendevasi, come si fa ancora, la veglia del santo, e per mantenere il buon ordine vegliava tutta la notte il cavalier del vicario con alcuni armati. Un gran banchetto davasi a tutte le gentildonne dopo la festa religiosa, e il popolo