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366 libro quinto

che or s’intitola dei Cappuccini. Per difendere il fiume s’armava talvolta un galeone.

Quando le cose eran quiete, la torre che sorgeva; a capo del ponte di Po, dal lato della città, era cu­stodita di notte dal cappellano della vicina chiesuola di S. Leonardo che vi dormiva. Ma in tempo di so­spetto vi si deputavan clienti; e fino a dieci se ne mandavano a guernir la bastia, che d’ordinario non avea più che due guardie. Sul campanile di Sant’Andrea, su quello del duomo, sulla torre del co­mune, sul palazzo de’ Beccuti, più elevato degli altri, poneansi vedette. Altre collocavansi sul campanile della badia di Stura a spese dell’abate, sul palazzo di Lucento, nella torre di Mischie (posta in mezzo ad un bosco, sul colle in ver San Mauro), sul campa­nile di Sassi, sulla torre di Pozzo di Strada. Infine dirizzavansi bicocche, vale a dire guardiole di legno, erette sopra gli alberi, o innalzate su pali e cinte d’un fosso, il tutto a fine di specular da lunge i moti del nemico, de’ quali con segni di bandiere, di fumo o di fuoco davano ragguaglio le vedette esterne alle interne, le più lontane alle più vicine. Due bicoc­che s’alzavano sempre al guado della Pellegrina in riva a Dora (verso Altessano) e ne’ prati di Vanchiglia. Ogni notte facevasi la cerca attorno alle mura, dentro e fuori di esse, e negli edifiziida cui si potea temere qualche nemica insidia: e così nel monistero di S. Solutore maggiore e nel monistero