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libro quinto, capo quarto 365


Ora parliamo delle provvisioni che si faceano nel caso di guerra, o all’appressarsi delle grandi com­pagnie di ventura che disertavano l’Italia nel secolo xiv. Quando si temeva una guerra grave, si facea ridurre tutto il grano di Grugliasco e del territorio Torinese nella città, entro la quale si riparavano gli uomini di Grugliasco, e talora anche quei di San Mauro e d’Altessano, terre non fortificate. In altri casi di minor pericolo guernivasi la terra di Grugliasco di balestre, affinchè potesse difendersi, e si pregava il conte di Savoia ordinasse ai Rivolesi di soccorrerla in caso di bisogno. Faceansi tagliate e fossi intorno alla città, lunghi talvolta parecchie miglia, come da Caselette a Torino, o da Collegno a Torino. Due grandi fossi mantenevansi sempre allato alla strada che da porta Fibellona conduceva al fiume Po. Rompevansi i guadi del Po e della Dora, s’abbarravano i ponti, si faceano rivellini e barriere in­nanzi alle porte. S’alzava un castelletto di legname chiamato belfredo a S. Martiniano, ai molini della città e in altri siti più importanti e più esposti. Con un’altra macchina di legno, chiamata tornafollo, difendevasi il passo ai ponti di Dora; cioè tanto al grande che a quello di S. Biagio, il ponte di Po era bastantemente difeso dalia torre armata di balestre, e dopo il 1347 d’uno schioppo o piccolo cannone, la quale vedeasi a capo di esso, e dalla bastia o piccola fortezza, con ba­stioni di terra e palizzate, che torreggiava sul monte