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capo quinto 360

sull’esercizio d’un’arte. Nel 1377 ogni bottega di panni francesi pagava dieci fiorini all’anno; altra volta si riscoteva invece una gravezza proporzionata al valore d’ogni raso di panno venduto. E quando tutto ciò non bastava si chiedeva ai più ricchi una pre­stanza forzata, proporzionata all’avere di ciascuno. Questi proventi non entravano per altro tutti, nè per intero, nelle casse del comune. Varii privati avean parte nel pedaggio di Torino. Al vicario ed al giudice andava porzion delle multe; e cessata l’in­dipendenza, parte del pedaggio delle multe, la metà del censo della casana, il provento de’ molini3 e degli opifizii tornava al principe.4

Dopo quell’epoca altre tasse vennero imposte. La privativa della casa del gioco, la quale venne abolita dal principe Filippo d’Acaia ad instanza de’ cittadini nel 1300 con surrogarvisi la gabella del sale. Ma poi, come accade in materie di gravezze, la prima tornò,5 e la seconda fu conservata. Questa gabella risguardava il sale che si portava in Torino. Il prin­cipe d’Acaia introdusse dopo la metà dello stesso secolo un’altra gravezza sul sale che s’estraeva da Torino, d’un danaro debole per ogni emina; la qual gravezza, siccome contraria ai privilegi del comune, si chiamò e dal comune e dal principe malatolta, colla sincerità propria di que’ tempi non usi a velare con nomi onesti nè l’illegalità, nè i soprusi. Un’altra malatolta fu stabilita dai principe, ed è quella del