Pagina:Storia di torino v1 cibrario 1846.djvu/367


libro quinto, capo terzo 359


Su tale registro, sovente rinnovato, levavasi la taglia, maggioreo minore secondo il bisogno. Dispensavansi talora dalle taglie i medici per la curialità (cor­tesia) della professione. Nel 1348 si diè tal franchezza al medico Guala Marenlino, il quale, essendo settua­genario, fu anche dispensato dal servizio ordinario e straordinario delle scolte (vayta et excaravayta). Pe’ forestieri che possedean beni sul territorio tori­nese la taglia era quasi sempre più grave.

Altri proventi principali di cui si nutriva la cassa del massaio, erano le multe, divise in multe, propriamente dette pe’ misfatti, le quali erano o accordate prima della sentenza, o inflitte con essa; e in ammende di regarderia, che si riscoteano, o per bandi campestri, o per misure non bollale, o per precetti degli uffi­ciali non osservati, o per aver rotto l’arresto, ovvero l’ostaggio che si dovea tenere nella casa del comune, e per altre simili contravvenzioni; i pedaggi, ossia le dogane1 e le gabelle, il peso, i dritti di piazza, la bannalità de’ molini, per cui si obbligavano fin gli uomini di Grugliasco a macinar le loro granaglie a Torino,2 il fitto delle seghe e de’ battilori, quelli dell’acqua, che dal canale del sobborgo di Colleasca entrava per la porta Susina, ed usciva pe’ fossatelli di S. Michele (piazza delle fruita), di S. Brizio, del vescovo, di Billio della Rovere, della porta Fibellona; l’annuo censo che pagava la casana o casa di prestito di Torino; alcuna volta s’imposero tasse