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capo secondo | 353 |
due fiorini d’oro, che erano stati tolti a certi romei o pellegrini.
In materia criminale gli statuti moderavano notevolmente l’asprezza del dritto romano. A’tempi dell’impero romano, quando si sancirono le principali regole in tal materia, avvilita era singolarmente la dignità dell’uomo; e molti di que’ Cesari crudeli e balordi ne faceano per ogni lieve cagione strazio e macello.
Ai barbari che occuparono l’imperio parve di far maggior caso dell’uomo libero. Alle pene corporali contrapposero una spezie di tariffa, per cui potessero i colpevoli per moneta ricomperarsi. Tanto per non perder la mano, tanto per il piè, per l’orecchio, pel naso, per l’occhio. Alcuna volta v’ebbe perfin tassata una somma a cui si estimava il capo. Gli statuti de’ comuni seguitarono questo costume che favoriva i soli ricchi, ma che serviva eziandio di stimolo a darsi all’assiduo lavoro, padre della ricchezza. Pei reati per altro più gravi non isfuggivasi la pena meritala. Il colpevole d’una grassazione, il che si chiamava con frase pittoresca e commerciale, romper la strada, potea schivar la morte pagando cento lire. Ma il recidivo perdea la vita sol che la cosa derubata eccedesse il valore di cinque soldi. L’incendiario era bruciato vivo. I traditori perdeano il capo. Un forestiero che venisse in Torino tentando d’ammazzare un cittadino era