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350 libro quinto


Per quest’obbligo appunto che correva al comune di ristorar ogni danno dato ad un suo borghese, cercava esso d’impedire che si esponessero senza riguardo ai pericoli. Perciò nel 1326, essendo gran guerra tra il conte di Savoia e il Delfino bandì che i Torinesi che avessero bestie al pascolo ne’ monti verso il Delfinato le ritirassero in termini di quindici giorni; in difetto il comune non darebbe aiuto per farle resti­tuire se venisser tolte. — Ancora, siccome i porci va­ganti per la città senza custode venivano spesse volte uccisi, e toccava al comune ristorarne il padrone, si vietava siffatto abuso: e faceansi provvisioni atte a scemarla frequenza degli incendii, perchè al comune s’apparteneva di tener indenne il proprietario.

In favore de’ borghesi l’annona era tassata; era tas­sata la mano d’opera; il prezzo de’ drappi e delle tele e di quasi tutte le cose venali; la mercede da pagarsi ai maestri. La loro persona avea nello statuto una stima più alla che quella degli stranieri, poiché più grave pena infliggevasi a chi uccidesse o ferisse o svillaneg­giasse un cittadino, che a chi uccidesse, o ferisse, o svillaneggiasse uno straniero. Ogni cittadino poteva di propria autorità far sesimento o porre sequestro in qualunque casa di Torino sulle cose proprie, che gli fossero state rubate, o sulle cose del suo debitore, e del fideiussore. E il padrone della casa era tenuto a rendersene guardiano e mallevadore fintantoché il giudice avesse pronunziato. Si procurava che ai