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328 libro quinto

la necessità di continue modificazioni e correzioni che lo facciano progredir verso il meglio; mostra che le antiche costituzioni sono da emendare non da distrurre; mostra la follia di chi si pensasse di aver fatto in materia di leggi cosa immutabile e du­ratura, quando è fondamento dell’umanità, e con­dizione della futura, nè forse mai totale sua perfe­zione che, dai grandi principi! religiosi e morali in fuori, consecrati dall’Evangelio, il resto passi per varie successive, benché spesso insensibili trasforma­zioni, a cui conviene adattare gli ordini e le leggi.

Il podestà e il giudice solevano qualche volta ec­cedere ogni misura nel determinar la pena pecuniale da pagarsi da. chi non osserverebbe qualche loro precetto, sì in materia civile che criminale. Fu determinato che non potessero imporre maggior pena che quella di lire 40 per ciascuna persona e per ogni precetto non osservato. Ed era già ben grave.

Il giudice pronunziava nelle cause civili senza ap­pello fino a soldi 100, esclusivamente. Se il valor della causa era maggiore s’appellava al vicario che dava altri giudici ó pronunciava egli stesso col loro voto fra 40 giorni. Nelle cause criminali il condan­nato a multa di 20 soldi o maggiore, avea facoltà di richiamarsene allo stesso giudice che era tenuto a dar cognitori che rivedesser la causa. Se la multa era di soldi 40 o più, si appellava al vicario, che deputava una curia non sospetta, cioè altri giudici