Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
324 | libro quinto |
de’ consoli un podestà, che durava un anno in carica, e che era sempre forestiero e gentiluomo di nome e d’armi; egli pigliò nome di vicario, quando la città, perduta l’indipendenza, cominciò a render obbedienza al re Carlo i d’Angiò e poi ai principi di Savoia.
Il podestà conduceva seco un luogotenente, chiamato propriamente il cavaliere, incaricato del potere esecutivo, e come tale, capo d’alcuni sgherri, e dei decani od uscieri. Un giudice, e talora due; uno pel civile e l’altro pe’ malefizi; un notaio o segretario; un paggio e varii servitori. Tutti questi eran forestieri. Si rimutavano d’anno in anno. Nè il podestà o vicario potea partire finito l’ufficio, se non dopo d’aver mandato bando, che se alcuno avesse a richiamarsi di lui, o de’ suoi uffiziali o famigli, si presentasse ai sindacatori del comune; se richiamo v’era, i sindacatori assolveano il podestà o lo condannavano al ristoro del danno dato. Alcuna volta per altro, quando non v’era sospetto di futuri richiami, il comune gli permettea di partire senza aspettar il termine prescritto dagli statuti. Altra volta, per segno d’onore e di gratitudine a vicario che si fosse segnalato in beneficio della città, donava la propria bandiera, vale a dire l’aureo toro in campo d’azzurro.
Il podestà o vicario giurava, prima d’assumer l’ufficio, l’osservanza degli statuti e delle franchezze della città. Nè intera libertà avea nelle sue mani