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(4) Per non ripetere citazioni inutilmente, rimando il lettore alla Storia dei vasi fittili dipinti, del Fea, in cui sono raccolte tutte le autorità che confermano ciò che qui si narra. La migrazione dei Lidi dall’Asia in Italia è negata dal solo Dionigi d’Alicarnasso. È negata, perchè Xanto, nativo di Lidia, ed accurato scrittore, non parla di colonie Lidie condotte da un duce chiamalo Tirreno in Italia. Ma questo è argomento negativo e perciò debo­lissimo. Altronde giova osservare che trattasi, non d’una colonia dedotta, ma d’una emigrazione, di data anteriore ad ogni luce di storia; e in fatti così remoti conviene lasciar da parte il pensiero d’assegnar epoche certe, o di trovar nomi d’individui: non badare anzi ai particolari che ci son narrati da scrittori tanto posteriori per attenersi solamente alla sostanza dei fatti. V. Dionis, Halic., lib. i, c. xxvii. In contrario V. Herod. i, c. xciv; ed Erodoto fu tra i Lidi assai tempo, e pigliò le sue notizie da Eforo, storico an­teriore a Xanto. E vedi Strabone lib. xiv, e Giuslino e gli altri citati dal Fea.

(5) Pare che la prima e principale fosse Vetulonia. Le altre erano Pisa, Cortona, Arezzo, Agilla, poi detta Cere, Vejo, Volsena, Chiusi, ecc.

(6) Marchi, l’œs grave del Museo Kircheriano illustrato.

(7) Etruscorum aruspicini, et fulgurales, et rituales libri. Cic., De Divin., lib. i. Dai Tirreni impararono, al dir d’Ateneo (lib. vi), i Romani l’ordinanza delle battaglie. — Pitagora era nato, nodrito e ammaestrato in Etruria. — Anfiteatri mai non ebbe la Grecia, ma li avea l’Etruria. — Il capitello chiamato dorico trovasi ne’ monumenti etruschi. — Livio dice: an­ticamente i fanciulli romani sicut nunc Grecis, ita tane Etmscis litteris erudiri solitos.

(8) Nella serie de’ vasi disotterrati nei sepolcri dell’antica Etruria si vede il cominciamento ed il progresso dell’arte. I più antichi mostrano nelle loro figure la rigidità che si vede nelle egizie e nelle indiane; prova d’arte bambina. Ne’ meno antichi vanno migliorando le forme finché per­ vengono ad un grado inarrivabile di bellezza. Anche questa è una prova che i vasi etruschi sono prodotti dell’arte indigena, e non una importa­zione straniera. Ma in cosa tanto evidente è superfluo intrattenersi. Vedi Maffei, Dell’Italia primitiva; e Micali, L’Italia avanti il dominio de’ Ro­mani. — La regina Maria Cristina colla usata sua sapiente munificenza, di cui è degno ministro il conte Filiberto di Colobiano, ha fatto praticare negli anni 1838 e 1839, nel sito dell’antica Vejo, di cui è proprietaria, varii scavi, fruito de’ quali fu una notevole quantità d’olle, anfore, gutturnii, ciati, tazze, prefericoli, tripodi, ecc. Vedi Campanari, Descrizione dei vasi rinvenuti nei sepolcri dell’antica Vejo.

(9) Pitture etrusche ci rimangono nei vasi conservati ne’ sepolcreti. Ma pitture di ben altro magistero esser dovean quelle di cui rideano i templi: