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314 | libro quarto |
imperiale Cesare di Napoli, il quale, avvicinale le scale, era già salito co’ suoi compagni sul bastion di S. Giorgio, e già era alla porta per cui si scendeva in città, quando imbarazzandosi nell’aprirla, diè tempo a chi la difendeva d’accorrere, e di respingere gli agressori. Un’altra ingegnosa sorpresa imaginò in febbraio del 1543 lo stesso capitano; e fu di condurre in Torino sei grandi carri coperti in apparenza di fieno, ma dentro stipati di valorosi guerrieri. Due carri erano già entrati da porta Palazzo, quando addatisi i custodi della frode, ed abbassata di repente la saracinesca, vietarono l’ingresso agli altri carri. I soldati che già eran dentro non s’avvilirono; ma sguainati i ferri combatterono sino all’ultimo fiato e caddero da forti.
In febbraio del 1537 il re Francesco adulando nelle sue lettere patenti con abbondanza d’encomii la città di Torino, capitale del Piemonte, la unì ed incorporò in perpetuo alla corona di Francia; confermò tutti i suoi privilegi, e volle che fosse sede d’una corte suprema di giustizia, che si chiamò poi parlamento; d’uno studio generale od università; d’un tribunal supremo demaniale, che si chiamò camera dei conti.
Frattanto le insolenze e le ruberie de’ soldati francesi martoriavano la povera città di Torino, la quale moveva intorno a ciò perenni querele; ma con poco frutto; poiché la disciplina militare, dalle