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capo quinto | 301 |
non cadde nel laccio teso dai Borgognoni lo stesso giovinetto duca Filiberto. Quando fu liberata, molto ebbe a travagliarsi per difendersi contra l’ambizion de’ cognati, e massime del più torbido ed avventato fra loro, Filippo conte di Bressa, che voleva ad ogni costo partecipar al governo. E nondimeno governò con prudenza e con cuor virile, e mantenne giustizia, per quanto le tristi condizioni de’ tempi lo permetteano.
Dopo la sua morte, accaduta nel 1478 nel castello di Moncrivello in cui faceva ordinaria residenza, passò il reggimento dello Stato, non già al duca suo figliuolo, ancor fanciullo e di complession delicata, ma si ai baroni che il re di Francia deputò, cioè al sire di Miolan e al conte della Camera. Essendo poscia nel 1479 quest’ultimo, pe’ suoi mali portamenti e le ribalderie commesse a Cuneo, stato rimosso dal governo, al quale fu deputato in sua vece Gian Ludovico di Savoia, vescovo di Ginevra, non si fece la cosa tanto chiusamente, che non gliene fosse recata notizia in Savoia, dove allora si trovava; onde pieno di fiele immaginò un colpo de’ più arditi, coll’impadronirsi della persona del duca che s’avviava, inseguito ad invito del re, verso la Francia. Il che facendo, potea velare, come spesso accade, il ben proprio, col colore del pubblico bene, quasiché volesse sottrarre il principe all’insidie ed alla pre potenza francese. Una notte pertanto del mese di novembre giunse con gran numero di congiunti e di