Pagina:Storia di torino v1 cibrario 1846.djvu/299


capo quarto 291

faccende giornaliere, ma provvedeva co’ suoi cava­lieri, che formavano il suo consiglio segreto, intorno agli affari più gravi; dimodoché il continuo andar di messaggieri e di ministri, disturbava alquanto la quiete di quel luogo, nel quale Amedeo partiva il suo tempo fra le preghiere, e gli uffizi divini, e l’amministrazion dello Stato.

Sul finire del 1439 il concilio di Basilea che avea creduto di poter deporre dal papato Eugenio iv, si pensò anche di potergli surrogare Amedeo viii che pigliò il nome di Felice v. Come ciò avvenisse si vedrà più opportunamente nella Storia della Mo­narchia di Savoia. Qui basta notare che molti Stati d’Europa obbedivano a Felice v come a vero pon­tefice, finché questi, per cessar lo scisma che tra­vagliava la Chiesa, rinunziò nel 1449 spontaneamente a quel grado sublime. Fu questa l’azione la più glo­riosa per lui, la più utile al mondo. Un’altra pu­rissima gloria sua, son gli statuti, ossia il corpo di leggi che pubblicò con questo titolo nel 1430; leggi buòne per sé, siccome quelle che contengono pre­cetti di molta sapienza; buone ancora perchè for­marono il primo legame generale tra le varie genti abitatrici de’ municipii e de’ feudi, perchè furono la prima potente manifestazione dell’idea di nazio­nalità. Un’altra ancor più significativa dimostrazione di questa idea diede Amedeo viii sei anni dopo, radunando per la prima volta i tre stati.