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270 | libro quarto |
più nella pubblica opinione la giù dubbia sua fede; sia ch’egli véramente fosse consenziente ai ribelli, sia che noi fosse.
Amedeo v, cognato e fido consigliere d’Arrigo vii, fu rimuneralo con molte prove della imperiale liberalità. N’ebbe cioè dono della contea d’Asti, d’Ivrea e del Canavese. Vano riusciva il dono d’Asti, che si diè, come abbiam detto, al re Roberto. Non così quello d’Ivrea e del Canavese, del quale il conte di Savoia entrò in possesso, associandovi in ottobre del 1313, per amor di pace, il principe d’Acaia, con dichiarazione che Caselle, Ciriè e Lanzo apparterrebbero per intiero al conte: Balangero, Fiano, Rocca, Baratonia, Viù, Rivarossa, Settimo, Borgaro e Barbania per intiero al principe. Il resto fosse comune.
Cresceva in tal modo la potenza del principe di Acaia, le cui armi aveano dall’opposta parte occupalo Sommariva del Bosco, Riva, Cavallermaggiore, Sommariva di Perno con altre terre, e qualche anno dopo occuparono ancor Savigliano, Bra, Villanova, Castelnovo con altri luoghi.
Durante il periodo che abbiam brevemente accennato, poco si sa di Torino, se non che nel 1285 contendevano Torino e Moncalieri per la distinzion dei confini, là dove il Sangone mette nel Po: pe’ beni che i Torinesi possedeano nel territorio di Moncalieri e viceversa; per le mercanzie che andando in Francia, si facean passare nel territorio di Torino