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capo secondo | 269 |
Filippo si sollevò all’ardita speranza di farsi signore d’Asti e di Chieri, e d’occupar per lo meno la metà del Monferrato, ed a questo fine fe’ lega prima con Carlo ii, re di Sicilia, che possedeva oltre al contado di Provenza, molte città del Piemonte meridionale; poi con Amedeo v; poi di nuovo con Carlo. Ma tutti gli sforzi dell’astuta sua politica non gli giovarono. Asti noi volle per signore, e dopo molto ondeggiare si diede nel 1314 al re Roberto, figliuolo di Carlo ii. A Monferrato occupò bensì lutto il paese che possedeva appiè del Mombasso, ed inoltre Balangero, Barbania, Ciriè (1305) e Gassino (1306); ma non potè spinger piò innanzi le sue conquiste, perchè il re noi soccorse, e giunto era frattanto il novello marchese Teodoro Paleologo, figliuolo secondogenito dell’imperatrice Violante, il quale avveduto, e provato in arme, sapeva anch’egli negoziare e combattere.
Qualche anno dopo, nuova esca alla sua ambizione somministrò la venuta d’Arrigo vii imperatore, cognato d’Amedeo v, conte di Savoia, il quale, benché fosse il capo naturale de’ Ghibellini, pure venne col santo pensiero di metter pace fra quelle arrabbiate fazioni, governandosi come giusto giudice e padre comune. Il principe d’Acaia fu da lui deputato vicario di Vercelli, Novara e Pavia. Ma Vercelli e Pavia si ribellarono non molto dopo all’imperatore, rimanendo in mano de’ Guelfi, e siccome il principe era in voce di Guelfo, così s’oscurò sempre