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capo primo 259


Ma ora torniamo alla storia.

Obbediva, come abbiam detto, la città di Torino a Guglielmo vii, detto il Grande, marchese di Monferrato, principe conquistatore, e però amico degli ordini stretti e risoluti. Capitano del popolo a Milano e in molte altre terze, prode guerriero, avventuroso in battaglia, non era agevole a superar coll’armi; Tommaso iii, figliuol primogenito di Tommaso ii, fino dal 1272 aveva levato genti e unito il suo sforzo a quello del fratello Amedeo, avea ridotto ad umile soggezione i Piossaschi stati lungo tempo ribelli, ed assicurato il suo dominio a Pinerolo ed in varie terre dell’antico Piemonte. Ma contro al marchese usò altre vie più sicure, ma meno belle.

Verso il giugno del 1280 seppe che Guglielmo andava colla moglie Beatrice in Ispagna a trovare il suocero Alfonso x, detto il Savio, re di Castiglia. Tommaso, raccolto in fretta uno stuolo d’armati, gli tenne dietro, e sollecitò in guisa il cammino, che raggiuntolo sulle terre del vescovo di Valenza, lo prese e Io condusse prigione nella fortezza di Pierre-Châtel.

Fu forza allora che il marchese, per riaver liberta, si rendesse alle condizioni che il principe di Savoia stimava d’imporgli. Nondimeno a stringer l’accordo fu usata la mediazione del marchese di Saluzzo e de’ vescovi di Belley e di Vercelli e dell’abate di Susa; o sia che ciò si facesse per dissimular la