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258 libro quarto

non v’ebbe cittadino che sormontate le leggi si cam­biasse in tiranno, e fondasse nel sangue la mal ac­quistata dominazione. Non parte che giungesse ad opprimere durevolmente la parte contraria, la esclu­desse in perpetuo da ogni ufficio, tagliasse il capo ai potenti, e governasse col terror dei supplizi! e delle confiscazioni. Non v’ebbe trionfo della minuta plebe, nè si videro occupar i primi seggi della re­pubblica, e dettar leggi e giudizi! i beccai e gli scardassieri. Se queste orribilità fossero accadute, qualche buon monaco si sarebbe incorato a metterle in cronaca per ammaestramento de’ posteri. Ma egli è il caso di dire, beati i popoli di cui tace la storia. Non si mettono in scena i savi, ma i matti. Non si parla de’ giorni sereni, ma delle tempeste. Non si rammenta chi in santa pace nacque, visse e morì; ma chi ammazza od è ammazzato. Dopo ciò se la mia storia non ha l’andamento e’l forte colorar d’un dramma, che colpa ci ho io? Se ne accusino i nostri vecchi, i quali non ci lasciarono memoria di grandi virtù, nè di grandi vizi, e che tardi apriron gli occhi al lume delle buone lettere, alla soave armonia dell’arti; ma poi si scenda con me ad in­vestigare, piuttostochè il quasi continuo spedirsi di milizie a questa od a quella impresa per lo più microscopica, e senza risultamento, gli ordini per cui si reggeva il comune, e l’intima sua struttura, in cui molto c’è ancor da studiare, molto da imparare.