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capo sesto 251

loro parca contenere una notabile diminuzione della loro grandezza e della gloria di loro stirpe. Tom­maso, la cui salute erasi logorata tra gli affanni e gli stenti di quella prigionia, dopo un viaggio che fece già infermo a Londra per aver aiuto di danaro dai nipoti, rimpatriato, morì in Aosta il primo di feb­braio 1259.

Torino frattanto rimase qualche anno nell’indi­pendenza, ed ebbe quistione con Goffredo di Mon­tanaro, suo vescovo, intorno ai castelli di Collegno e di Montosolo (1264). Nel 1265 Pietro rappiccò qualche pratica cogli Astigiani e ne privilegiò il com­mercio, che dopo la presa di Tommaso ii non erasi più ravviato. Vogliono i cronachisti che esso conte Pietro si rendesse per forza d’armi padron di Torino; ma niun documento, niuno scrittor contemporaneo aggiunge autorità a tal tradizione, che vuole anno­verarsi tra le favole, come l’altra che racconta come Bonifacio conte di Savoia, detto Orlando, trovandosi all’assedio di Torino, fu preso da’ cittadini e soste­ nuto in una torre, ove morì di dolore.

Invece egli è certo che Torino si recò nel 1262 all’obbedienza di Carlo d’Angiò, conte di Provenza e re di Sicilia, capo di parte guelfa in Italia, alla cui crudeltà fu commesso di spegnere l’imperiai seme di Svevia in persona del giovane ed innocente Corradino. Carlo governò alcun tempo la città di Torino