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242 | libro terzo |
Così dai capi di due opposti partiti veniva il principe di Savoia dotato d’uno splendido accrescimento di signoria. E nondimeno di questo dono non conseguì Tommaso che una parte. Non Ivrea nè il Canavese. Moncalieri che già possedeva, gli uscì di mano, e si rimise in libertà. Ebbe Cavoretto e Torino col ponte e colla bastia o motta che lo signoreggiava.
Così tornò la città di Torino all’obbedienza d’un principe; ma giustizia vuole che si rammenti, come essendo Tommaso investito del solo alto dominio, e di qualche diritto utile dell’impero, poco o nessun impedimento facesse al libero esercizio del governo autonomo o comunale la superiorità che gli apparteneva, e che venne dai Torinesi per tre anni all’incirca riconosciuta e rispettata.
Di fatto quell’aumento di Stato non accrebbe la potenza del principe, il quale in que’ giorni medesimi in cui gli giungevano i diplomi del re de’ Romani, impacciato, per voler ricuperare la terra di Moncalieri, in una guerra con Asti ne uscì colla peggio, e fu costretto a promettere: procurerebbe di farsi assolvere dall’omaggio che doveva al conte di Savoia suo fratello per tutta la terra che possedeva al di qua dai monti, e ne farebbe invece omaggio al comune d’Asti. E ad ogni modo farebbe omaggio a quel comune di Cavoretto e del rimanente suo Stato, eccettuandone Torino, col ponte e colla motta