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libro terse, capo sesto | 241 |
Mentre così travagliavano le cose, e la parte guelfa o papale soverchiava la ghibellina, il vescovo Arborio, uscito di carcere, contendeva con Tommaso ii per la restituzione de’ castelli di Montosolo, Castelvecchio, Rivoli, Lanzo e per Moncalieri. Due cardinali legali del papa udirono le rispettive ragioni. Poi accordarono che Montosolo si rendesse subito. Si rendesse in termine di tre mesi Castelvecchio che Tommaso dovea prima ricomperare dagli Astigiani. Questo principe dichiarò che su Lanzo non aveà ragione e lo tenea solamente a titolo di guardia; e che, non egli, ma Amedeo iv suo fratello signoreggiava la terra di Rivoli. Circa a Moncalieri il vescovo si riservava di provare i diritti della sua chiesa sopra Testona, di cui si edificò Moncalieri.1
Ma in breve cessarono queste rigorose indagini sulle terre della chiesa Torinese, da Tommaso ii occupate col favor imperiale. Innocenzo iv, che facea gran caso di questo principe, volendo assicurarsene con perpetuo nodo la fede, gli diè in moglie una sua nipote; e per non mostrarsi inferiore in libe ralità a Federigo ii, gli fe’ nel 1252 dal nuovo Cesare Guglielmo d’Olanda far concessione di Torino, d’Ivrea, del Canavese, di tutte in breve le terre che quell’imperatore gli avea quattr’anni prima donate, aggiungendovi i feudi di Bertoldo di Non, Rivoli, Bruino e Celle; e la facoltà di coniar nuove monete, d’aprir fiere e mercati, di levar pedaggi e gabelle.2