Pagina:Storia di torino v1 cibrario 1846.djvu/243


capo quinto 235


Tempi eran quelli di molta confusione e di mag­gior tristizia, ne’ quali i laici non rispettavano le libertà ecclesiastiche, e gli ecclesiastici usavano per difenderle anche i mezzi che più disdiceano al mite e sacro carattere sacerdotale. Giovanni Arborio com­battendo tra le schiere della lega Lombarda contra gli Imperiali, in un fatto d’arme seguito nel terri­torio di Parma addi 2 d’agosto del 1247, fu preso dagli uomini di Casale e di Pavia, e tre anni fu sostenuto prigione, finché, co’ danari avuti a prestanza da Tommaso ii di Savoia, potè ricomperarsi e tor­nare alla sua chiesa.

Questo principe erasi allontanato dal Piemonte nel 1239, avendo sposato, a mediazione di S. Luigi re di Francia suo nipote, Giovanna, erede dei con­tadi di Fiandra e d’Hainaut. Quattr’anni regnò in quelle contrade in compagnia della moglie, la quale allora dando al marito balìa di sè, gli attribuiva insieme quella dello Stato; e molte forti e memo­rande opere fece, segnalandosi massime nel dare e nell’ampliare in favor de’ comuni le carte di li­bertà, che colà chiamano Keure. Nel 1244 gli mancò la moglie, e non avendo lasciato prole, ei perdette ad un tempo quello Stato che per giustizia appar­teneva alla sorella di lei; onde Tommaso tornò in Piemonte, e si studiò d’acquistarvi dominio. Propizii erano i tempi, come son sempre per gli animosi ed intraprendenti quelli in cui v’ è partimento di sette.