Pagina:Storia di torino v1 cibrario 1846.djvu/235


capo quarto 227

e Ubertino di Cavorre, de’ dritti che avevano sul ca­ stello superiore di Cavorre.

Per ammenda dei danni dati ai Piossaschi pagasse loro dugento cinquanta lire di Genova; ed essi non fossero astretti a fedeltà, finché ottenessero il paga­mento.

I Torinesi non dessero ricetto ai banditi, per ma­leficio grave, dal conte di Savoia: cioè per omicidio, tradimento, ferita di spada, incendio e furto, ma in termine di quindici dì dopo la richiesta dovesser cacciarli. È altrettanto facesse il conte pe’ banditi del comune.

Il podestà e gli uomini di Pinerolo, e tutti quelli che erano dalla parte de’ Torinesi o che entrerebbero in quella pace fino al Natale allora prossimo fosser tenuti d’aiutar il conte d’esercito e cavalcata al di qua dall’Alpi contra tutti, eccettuati i Milanesi, Vercellesi, Astigiani ed Alessandrini, e similmente il conte fosse tenuto a difenderli contra tutti, salvo contra gli Astigiani, il marchese di Saluszo e Jacopo del Carretto. Finalmente il conte prometteva di dare ai Torinesi aiuto due volte all’anno, e per un mese di sessanta buoni uomini d’arme; e di fare ad ogni loro richiesta esercito e cavalcala di tutte le genti che avessero al di qua dai monti.1

Nel medesimo giorno con un trattato particolare Amedeo iv, e Tommaso suo fratello, in presenza del