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224 | libro terzo |
novità riusciva incomoda, avea l’aria d’una minaccia, e d’una sfida. Non negava, è vero, Pinerolo d’esser tenuta all’omaggio ed alla fedeltà verso Savoia; ma ciò importava riverenza piucchè obbedienza. Non macchinare contra la vita e l’onor del sovrano, consentirgli qualche parte di proventi, questo sì. Ma del rimanente volevano esser padroni di reggersi da sè, di chiamare qual podestà amasser meglio, di far leggi, impor tasse, far guerra, pace e lega, e dilatar, se potessero, il dominio a loro talento. La pace fu conchiusa in Torino una domenica 18 novembre del 1235. Per essa si statuì:
1° Reciproca remissione delle offese.
2° Il conte, in nome proprio e della marchesa di Monferrato sua figlia, rinunziava al comune ogni sua ragione su Collegno; riconosceva che i Torinesi vi poteano far esercito e cavalcata, riscuotere la taglia ossia fodro, e vi possedean le fossa, e il dritto che solean avervi i Calcagni di Torino per causa della gastaldia. Ma di tutte queste ragioni il comune, avuti dal conte cinquecento marchi d’argento, faceva a lui accomandigia ed omaggio, ricevendone investitura in persona di Roberto de’ Vialardi suo podestà, come di feudo movente dalla contea di Savoia. In caso di guerra per altro, il solo conte ed i suoi poteano essere raccettati in quel castello. Il vescovo abban donò ogni ragione che potesse avere su Avigliana. Promise d’investire il conte in feudo nobile dei