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capo quarto 223

marchese di Monferrato, giuntevi le ragioni che avea su Pianezza, e sulla valle chiamata allora di Mati, poi di Lanzo.

Contendeva poi il principe di Savoia col vescovo, rispetto ai castelli d’Avigliana, di Rivoli, di Lanzo, al castello di Montebreono, ed a quello inferiore di Cavorre. Avigliana signoreggiava la bocca di Val di Susa, e la strada che, rasentando le radici dell’Alpi, porta a Pinerolo; Rivoli era come una sentinella avanzata sull’ultima scarpa dell’Alpi, e col castello di Lanzo dominava quella porzione del Canavese che stendesi appiè del Monbasso, e fronteggiava vantag­giosamente gli Stati del marchese di Monferrato. Erano queste potenti cagioni per Savoia di bramarne il do­minio. Se con ragione in quanto ad Avigliana non so; per Rivoli e Lanzo parmi con poca o niuna, fuor quella che la morale non accetta, ma che in politica spesso prevale, della grandissima convenienza.

Con Pinerolo le differenze si aggiravano sulla mag­giore o minor podestà che v’avesse il conte, e così svila maggiore o minor libertà che rimanesse al co­mune. E, come al fin d’ogni guerra, ciascuna parte proponeva danni da ristorare, prigioni da proscio­gliere, servi e censuarii fuggitivi, fatti per odio ed emulazione borghesi, banditi raccettati. I comuni poi lagnavansi particolarmente delle for­tezze che il conte di Savoia andava edificando, o in territorio non suo, o sì presso ai confini, che quella